S. Sisto (SO): 17 – 22 agosto 2009

Dal 17 al 22 agosto 2009 si è svolto un Camposcuola a SAN SISTO, frazione del Comune di Campodolcino, in provincia di Sondrio, con giovani provenienti da Chiavenna, Parma, Milano, Vasto, Bari, accompagnati nell’esperienza da alcune Figlie della Croce, da don Stefano, coadiutore di Chiavenna, e da giovani animatori. La Casa, immersa nel verde dei boschi alpini e circondata da cime maestose, si trova in un alpeggio a circa 2.000 m. di altezza.

In viaggio verso San Sisto e… oltre!!!

Quest’estate le suore Figlie della Croce hanno organizzato un camposcuola in un paesino di montagna, oltre Chiavenna, chiamato San Sisto. Da S. Giorgio siamo partite “soltanto” in due… sempre e comunque, però, con il nostro fantastico educatore Stefano. Lungo il tragitto abbiamo incontrato i ragazzi di Parma e, arrivati a San Sisto, siamo state accolti dai ragazzi di Chiavenna. Alla sera, verso le 19, finalmente sono arrivati anche i giovani provenienti da Vasto e Bitonto. La prima sera don Stefano, il prete che ci ha accompagnato per tutta la settimana di riflessione, ha spiegato “le regole” della casa; quella che più ci ha lasciati di stucco era che il cellulare poteva essere utilizzato solo dopo cena. La notizia ci ha lasciati tutti un po’ scioccati ma, in realtà, questo ci è servito moltissimo per “staccare la spina” da tutto e da tutti per un’intera settimana e concentrarci solo su noi stessi e sulle relazioni con le persone all’interno della casa.

Un’altra cosa che ci ha molto colpito è stata una “semplice” frase detta da don Stefano: “Questa casa è magica, qui sono nate amicizie che durano ormai da anni… Trattatela con cura, ragazzi. Anche se non capite le mie parole ora, non vi preoccupate: mi ringrazierete in seguito…”. Ed è stato tutto vero. In quella piccola, semplice, ma speciale casa, infatti, sono nati legami molto profondi ed alcuni di essi sono molto più veri e sinceri delle relazioni che tutti noi, oggi, viviamo e condividiamo.

Le nostre riflessioni quotidiane si basavano su semplici parole: Misericordia – Io – Futuro – Incontro – Dio – Ostacoli, le cui iniziali, alla fine della settimana, hanno formato il murales “ MI FIDO ”. Negli incontri di gruppo e nelle giornate passate insieme abbiamo capito che tutti noi siamo “schegge di vita”, ma solo l’ultima sera abbiamo “collegato” tutto quanto avevamo vissuto durante il camposcuola al medaglione che, la sera dell’arrivo, i nostri due “esperti” educatori avevano consegnato ad ogni ragazzo: un ciondolo (una scheggia, appunto!) con il nostro nome ritagliato da un cartellone con la grande parola VITA.

L’ultima notte è stata illuminata da un enorme falò, realizzato con gli sforzi di ognuno di noi andando a raccogliere legna nel bosco… Anche questa è stata un’esperienza semplice, ma indimenticabile! Mentre sopra di noi si stagliava un bellissimo cielo stellato e mentre tutti erano attorno al fuoco per cercare di scaldarsi, don Stefano, gli educatori e le suore ci hanno regalato una maglietta ed una collana, simboli dei giorni passati in allegria e preghiera insieme. Ed è arrivato il giorno della partenza: tutti siamo tornati a casa molto tristi, ricordando i calorosi saluti avvenuti, ahimé, in una valle di lacrime! Tra tanta malinconia e molta speranza, aspettiamo con ansia il prossimo campo per il quale è già iniziato il conto alla rovescia… (Gaia & Monica)

Eccomi a scrivere di un evento passato, ma che rimane qui dove il tempo non può intervenire. Dire che è stata un esperienza stupenda è poco, meravigliosa, e io penso di saperne un po’ i motivi. Vedete: andare su, in quella casa, lontani dalla città, dalla tv, dalle cose inutili di ogni giorno che ci distraggono sulle cose davvero importanti della vita, cioè le persone e se stessi… in quei pochi giorni è nato un vero contatto tra noi ragazzi, perché niente ci distraeva dal vivere questa esperienza, eravamo presi al 100%, e ogni risata era speciale, come ogni passo che ci portava in cima alla montagna (chi è venuto, sa cosa intendo!).

Sono stati giorni di totale spensieratezza a contatto con la natura, e guardare le montagne in certe serate aveva un gusto nuovo, un gusto che mi faceva tremare di gioia il cuore. Perché quello che stavo vivendo era davvero unico nella sua semplicità. Eravamo solo ragazzi che trascorrevano dei giorni assieme, ma allora che cosa l’ha resa diversa questa vacanza dalle altre? I motivi che ho detto prima, forse, non bastano per descrivere un’amicizia che, anche se si interrompe per un po’ di tempo, riprende come se niente fosse successo.

La cosa che mi è sembrata più strana, ma che mi ha fatto anche sorridere con piacere, è che appena arrivato alcuni ragazzi mi sono subito venuti incontro salutandomi urlando “ALE!!!”. Tra me ho pensato: “Ma cosa gliene importa, non li vedo da mesi, e non ci siamo quasi mai sentiti…”. Invece si ricordavano di me, eccome! Questo vuol dire che, in un certo senso, non sono mai uscito dalla loro vita e, riaperto il cassetto, ecco Ale! Questa cosa mi ha fatto riflettere molto sul legame che ho con certe persone conosciute nei vari incontri, e ora sto continuando quello che San Sisto mi ha fatto capire di dover fare: se ti importa di una persona, anche se lontana, porta avanti quello che avevi iniziato, perché non puoi sapere quali saranno i frutti della vita. (Alessio)

Il luogo dove si trova la baita – uno splendido tavoliere a circa 2000 m. – suggeriva fin dall’inizio quanto sarebbe stata bella la vacanza in questa rustica e spartana “casa” (in realtà una stazione di seggiovia adibita a baita) nella quale però ci siamo molto divertiti. Per cominciare: un’accoglienza strepitosa da parte di suor Vanda&C e, subito dopo, una bella passeggiata lungo un sentiero per prendere i bagagli dall’altra parte del bosco. Una cosa che, secondo me, tutti hanno veramente molto apprezzato, è stato sicuramente… il cibo! Non solo buono, ma la cosa più strabiliante era la quantità: infiniti vassoi di pane e nutella al mattino, immensi paioli di pasta a pranzo e illimitate razioni di verdura la sera. Uno dei momenti più belli era quella manciata di minuti dopo il pranzo, durante i quali si poteva ammirare l’abilità casalinga di noi ragazzi, impegnati a sbaraccare i tavoli, pulire e lavare bagni, camere, cucina.

Un giorno, don Stefano e i suoi ragazzi di Chiavenna ci hanno guidato in una lunga escursione, portandoci in cima al monte che domina l’altopiano. I pochi arditi (me compreso), che hanno voluto proseguire la scalata fino alla cima, hanno potuto godere la vista di un panorama eccezionale. Qui abbiamo scritto con i sassi i nostri nomi e ci siamo lasciati andare, gridando a più non posso… Degno di nota è stato soprattutto l’ultimo giorno, quando la quasi totalità di noi ragazzi si è tuffata assieme a don Stefano nel gelido ruscello che scorreva vicino a casa. Un’esperienza… ghiacciante!

Le uniche note stonate che, purtroppo, hanno incrinato la vacanza sono state la notizia della morte della nostra prof. Annamaria Costetti e alcune incomprensioni… Se però si pensa all’enorme falò allestito l’ultima sera nel mezzo della radura, queste esperienze negative scivolano via come l’acqua sull’impermeabile, lasciando spazio solo a ciò che ha veramente contato: la felicità, la fede che (detto tra noi) non è mai abbastanza, l’amicizia e i valori sani. La bellezza del luogo ha sicuramente aiutato a rendere la vacanza speciale, ma è anche grazie agli animatori e ai loro attenti sguardi che l’impresa è riuscita! (Davide)