<< Con i poveri e i crocifissi di oggi, facendo esperienza delle nostre povertà, viviamo un’esperienza pasquale. Il loro grido è un appello e, con loro, apriamo nuovi cammini >>. (Capitolo Generale 2004)
Fin dall’origine della Congregazione, le nuove fondazioni si sono realizzate nella semplicità e nella povertà e, spesso, la croce le ha accompagnate.
La nuova comunità risiederà dal mese di aprile 2011 a Tha-Song-Yang, una cittadina di 2-3 mila abitanti nel Nord-Est della Thailandia, in una zona montagnosa vicina alla frontiera con la Birmania, in mezzo al popolo Karen, una etnìa emigrata, come molte altre, nel XVIII sec. dallo Yunnan, la regione della Cina dove negli anni ’50 si trovavano proprio le Figlie della Croce quando vennero espulse.
Mons. Kriengsak, Vescovo della Diocesi di Nakhon Sawan, ci ha chiamate per essere presenti in questa zona dove la Chiesa è quasi inesistente, per vivere la nostra missione in collaborazione con una comunità di Suore karianes, con i Padri di Bétharram e un sacerdote delle Missioni estere di Parigi.
Le Suore accoglieranno persone e ragazze provenienti dai villaggi, che necessitano di un particolare aiuto, visiteranno alcuni villaggi per essere accanto a chi soffre e collaboreranno alla formazione dei catechisti. In questa zona lavorano inoltre dei giovani volontari europei e sarebbe auspicabile un loro accompagnamento.
Le prime Figlie della Croce – sr Marie-Bernadette (Francia), sr Marie-Christine (Francia, di origine indiana), sr Diane (Canada) – sono arrivate a Bangkok il 16 settembre 2009. Sono state raggiunte a ottobre 2010 da sr Teresa (Italia) e sr Neuza (Brasile). Per tutte, l’impegno prioritario è quello di apprendere la lingua Thaï, indispensabile per iniziare la missione; per questo stanno frequentando una scuola nella capitale, ospiti di una Congregazione religiosa locale.
“Non si fondano nuove comunità perché si è nell’abbondanza, perché si hanno delle sicurezze. Si fonda perché si è poveri. Non si dona il proprio superfluo, ma il necessario… Oggi la Chiesa continua a nascere ed è a questa nascita che le comunità devono dedicare se stesse”. (La Puye 2005)